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contratti

Successione nei contratti e cessione d’azienda

Ottobre 17, 2016 //  by alessandro

La successione dei contratti nella cessione di azienda oggetto della recentissima sentenza della Corte di Cassazione – Sez. III Civ, n.20417 11.10.2016.

«Là dove le parti abbiano omesso di escludere alcuni rapporti contrattuali propri dell’azienda del cedente dalla cessione di un ramo di questa, ove tali rapporti non fossero di per sé oggettivamente e riconoscibilmente estranei al ramo d’attività ceduto, ovvero oggettivamente e riconoscibilmente pertinenti al settore imprenditoriale (e dunque al compendio aziendale) rimasto in capo al cedente, detti rapporti contrattuali devono necessariamente ritenersi ceduti, ai sensi dell’art. 2558 c.c., al cessionario del ramo di azienda corrispondente».

Il Caso.

In un contratto di cessione di ramo di azienda  non viene esplicitato il trasferimento – dal cedente al cessionario – di un leasing, riconducibile a tale ramo e in essere al momento della cessione stessa.

La domanda verte sulla possibilità di applicare per estensione il principio stabilito dall’art. 2558, comma 1, c.c., a norma del quale nella cessione di azienda si ha il subentro in automatico del cessionario nella titolarità dei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale, a meno che non sia stato pattuito diversamente.

La soluzione.

Il caso di specie affronta appieno la problematica dei contratti che riguardano l’azienda e che non sono qualificabili come personali, in questo caso infatti tali contratti sono da considerare parte integrante del complesso dei beni unitariamente considerato, conseguentemente la cessione di tale complesso di beni comporta inevitabilmente la cessione dei contratti afferenti all’azienda salvo che le parti non manifestino una differente volontà.

Qualora il trasferimento riguardi solo un ramo e non l’intera azienda, il «principio della sorte comune dei beni unitariamente organizzati per l’esercizio dell’impresa» non è soggetto ad alcuna eccezione, infatti i rapporti che possono essere ricondotti al ramo ceduto devono seguire le sorti di tale complesso, a meno che le parti non manifestino una differente volontà o che i beni non siano personali, pertanto se in un contratto di cessione di ramo d’azienda le parti non escludono il subentro del cessionario in alcuni rapporti contrattuali, nel caso in cui questi non fossero di per sé estranei al ramo d’attività ceduto, o pertinenti al restante complesso aziendale rimasto in capo al cedente, devono necessariamente ritenersi trasferiti al cessionario.

Il caso che ha interessato la Suprema Corte, riguardava infatti un leasing non espressamente escluso dalla cessione di ramo di azienda che è stato inevitabilmente assorbito nella stessa con la conseguenza che il cessionario ne ha acquisito la titolarità.

Categoria: Contrattualistica, Diritto SocietarioTag: Blog, cessione azienda, contratti, successione contratti

Acquistare immobili con il Rent to Buy

Giugno 9, 2015 //  by alessandro

La legge n. 164/2014 ha finalmente disciplinato anche in Italia il contratto “Rent to buy”, di matrice tradizionalmente anglosassone come il corrispettivo “Buy to rent”.

Il nuovo contratto, secondo le intenzioni del legislatore, mira a facilitare la ripresa del mercato immobiliare contratto dalle difficoltà di accesso al credito dei cittadini. Il principale vantaggio del rent to buy è quello di godere immediatamente dell’immobile con il diritto, per il conduttore, di acquistarlo entro un determinato tempo, mediante il pagamento di canoni di cui una parte è imputata al trasferimento previsto in contratto.

Disciplina del Rent to Buy.

Il rent to buy prevede, in caso di inadempimento del contratto da parte del concedente, la risoluzione con restituzione della parte dei canoni imputata all’acquisto e degli interessi legali, viceversa, in caso di inadempimento del conduttore, la restituzione dell’immobile con diritto per il concedente, di trattenere i canoni a titolo di indennità.

Benché lasciato alla più ampia autonomia contrattuale delle parti, il Rent to buy segue la disciplina dell’usufrutto di cui agli artt. da 1002 a 1007 del c.c., riguardo alle imputazioni di spese ordinarie e straordinarie. Quanto agli oneri condominiali, gli stessi seguono le regole della disciplina delle locazioni. Il pagamento degli stessi ed il voto in assemblea per l’ordinaria amministrazione spetteranno quindi al conduttore mentre, il diritto di voto in assemblea per tutte le incombenze straordinarie, spetterà al concedente.

Durata del contratto e facoltà di acquistare.

Le parti sono libere di stabilire la durata del contratto rent to buy imputando parte del canone a locazione e parte ad acconto sul trasferimento del bene. Il conduttore ha facoltà e non obbligo di acquistare il bene (in tal caso si parlerà di godimento con diritto di acquisto), purtuttavia le parti possono concordare diversamente un obbligo di stipulare un atto futuro di compravendita, trasformandosi quindi il contratto in locazione con preliminare di compravendita.

Tale forma contrattuale può risultare particolarmente utile per le imprese edili proprietarie di immobili in costruzione, in quanto il rent to buy può consentire di pagare le rate del mutuo contratto per la costruzione  tramite il canone di affitto finalizzato, in ogni caso, alla vendita dell’immobile.

Il contratto di rent to buy dovrà essere stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata ed è applicabile agli immobili strumentali ed abitativi.

Rent to buy e obbligo di trascrizione.

Il contratto va trascritto ai sensi dell’art 2645 c.c. con efficacia rapportata alla durata del contratto e comunque non superiore a 10 anni. In tal caso, ai fini degli effetti della trascrizione, si distinguerà il contratto che prevede una facoltà di acquisto da quello “preliminare”. Nel primo le parti potranno concordare una durata contrattuale sino a 10 anni mentre, nel secondo caso, la trascrizione sarà efficacie entro un anno dalla data pattuita per la stipula del definitivo e comunque entro tre anni dalla trascrizione.

La trascrizione garantisce ovviamente l’acquirente dall’eventualità che l’immobile sia venduto ad altri, sia iscritta ipoteca o sia pignorato per debiti del venditore ed in particolare la nuova legge consente al venditore di acquistare l’immobile libero da gravami che dovessero sorgere successivamente alla stipula.

Regime fiscale applicabile.

Al contratto rent to buy si applica il regime fiscale delle locazioni (Agenzia delle Entrate circ. n. 4/e del 15.02.2015) per la parte di canone ad esse imputata e quello della compravendita per la restante parte. Sarà pertanto applicabile l’imposta di registro, in misura fissa o proporzionale e la tassa sui redditi fondiari per la parte di canone imputabile a futura vendita oltre ad un imposta di registro nella misura del 3% sull’intero ammontare degli acconti pattuiti.

Il locatore/cedente potrà optare per lo strumento della “cedolare secca”.

Assenza di ipoteche prima dell’acquisto.

Per le abitazioni, non si potrà provvedere alla stipulazione del contratto di compravendita previsto, se prima non si siano eliminate tutte le ipoteche gravanti sull’immobile oggetto del contratto. A prevederlo è la stessa norma all’art. 23, richiamando  la disciplina per gli immobili da costruire.

Il Rent to buy, quindi,  si presenta come un ottimo strumento per effettuare investimenti immobiliari, pur nell’attuale  assenza di dati statistici sul suo utilizzo, non si può negare che lo stesso sia una valida alternativa alla compravendita.

Categoria: Blog, ContrattualisticaTag: compravendita, contratti, contrattualistica, locazione, rent to buy

Contratto di Agenzia negli Stati Uniti

Maggio 25, 2015 //  by alessandro

Continuando lungo il percorso illustrativo delle specificità dei contratti di agenzia internazionali, affrontiamo il rapporto con l’agente commerciale statunitense regolato dal contratto di agenzia.

Il “Sales rapresentative” è, negli USA, il soggetto che si occupa di vendere i prodotti e piazzare affari per conto del preponente al fine di ampliare la rete di vendita commerciale di quest’ultimo. Nella redazione del contratto di agenzia sarà quanto mai opportuno disciplinare tutti gli aspetti che andranno a regolare il rapporto tra il preponente italiano e l’agente americano, in quanto ogni Stato dei fifties gode di ampia autonomia legislativa in materia.

Essenzialmente sarà opportuno porre l’attenzione su determinate questioni nella redazione del contratto:

  1. Scelta della legge applicabile;
  2. Scelta del Foro competente;
  3. Scelta della forma retributiva e lavorativa;
  4. Regolamentazione dei poteri dell’agente;
  5. Pratiche ingannevoli;
  6. Patto di buona fede e redazione di clausole che disciplinano la fine del rapporto.

Riguardo alla legge applicabile, ferma restando la completa autonomia tra le parti nella scelta, sarà opportuno stabilire se la legislazione sarà quella del luogo ove risiede l’agente o dove egli svolge l’attività, piuttosto che quella del preponente.

Quanto al Foro competente, di sicuro vantaggioso sarà scegliere il giudice americano per le decisioni su eventuali controversie derivanti dal contratto di agenzia, preliminarmente per la rapidità di soluzione, la tempistica della giustizia americana è molto più breve rispetto, p.e., a quella italiana. La scelta del giudice USA, eviterà, come si vedrà più avanti, anche la disquisizione su eventuali indennità di fine rapporto. Altro particolare da non sottovalutare nella scelta del Foro è quello relativo al riconoscimento delle sentenze italiane di difficile riconoscimento negli Stati Uniti, mancando una convenzione appropriata tra i due stati.

Particolarmente delicato, il punto relativo alla forma retributiva e lavorativa dell’agente. Il contratto di agenzia dovrà infatti attentamente regolare ed individuare la posizione dell’agente quale lavoratore subordinato al preponente, oppure lavoratore autonomo, così come la forma di remunerazione se a provvigioni o a forfait.

Altro aspetto importante della legislazione e prassi USA, è quello che prevede il potere dell’agente di obbligare legalmente i terzi (in questo caso il preponente) attraverso le proprie azioni. Sarà opportuno quindi limitare, attraverso il contratto di agenzia, il potere dell’agente provvedendo a specificare in maniera cristallina quali sono i suoi poteri e le sue attribuzioni.

Quanto alle pratiche commerciali scorrette o ingannevoli, la legislazione americana è molto severa in merito, paradossalmente la scelta di questa legge applicabile al contratto di agenzia eviterà per il preponente problemi relativi alla gestione del rapporto agente/consumatore.

Sul trattamento di fine rapporto la legislazione americana non prevede nulla, salvo un generico dovere di correttezza nei confronti degli affari conclusi dall’agente in costanza di rapporto. A tal proposito l’agente potrà rivalersi sul preponente solo per un generico risarcimento danni da una risoluzione senza una giusta causa. Purtuttavia, scegliendo per esempio come legge applicabile quella dello Stato di New York, il giudice dovrà emettere la sua decisione in base a quanto fedelmente scritto nel contratto di agenzia e non potrà pronunciarsi favorevolmente rispetto alle richieste di risarcimento danni.

Riassumendo quindi il contratto di agenzia americano conferma la tradizionale impostazione anglosassone improntata alla rapidità e velocità degli scambi commerciali, prediligendo in sede di eventuali contenziosi, soluzioni transattive.

 

Categoria: Blog, ContrattualisticaTag: contratti, contratti internazionali, contratto d'agenzia

Legal English e contratti commerciali

Maggio 19, 2015 //  by alessandro

La redazione dei contratti commerciali siano essi di vendita, di agenzia, di distribuzione ecc., con operatori economici stranieri richiede particolare attenzione in quanto la stessa deve consentire ad entrambe le parti di comprendere a pieno tutte le clausole inserite, fugando ogni dubbio interpretativo che possa sorgere dalla lettura del contratto. A tal fine interviene in soccorso il Legal English.

Salvo che il contratto non sia redatto nelle diverse lingue dei contraenti, il che però dovrebbe assicurare l’esatta corrispondenza di significato della traduzione delle clausole, un modo utile ed efficace per negoziare e redigere un qualsivoglia contratto internazionale è quello di usare il Legal English.

l’utilizzo della lingua inglese, oltre ad essere riconosciuto a livello internazionale, consente una facile comprensione del significato delle parole e fuga quasi ogni dubbio sull’interpretazione del contratto. Purtuttavia, non è la semplice traduzione in lingua inglese ad essere sufficiente, occorre infatti adoperare la terminologia legale appropriata sfruttando tutte le risorse che il Legal English offre nell’uso quotidiano della contrattualistica internazionale.

L’uso del Legal English contro le controversie commerciali.

L’utilizzo del Legal English, oltre a rendere il contratto giuridicamente ineccepibile, scongiura il più delle volte l’insorgere di controversie commerciali in merito. Il corretto utilizzo della terminologia legale in ambito internazionale consente, infatti, in caso di insorgenza di controversie circa la corretta interpretazione, esecuzione ed applicazione del contratto, di dirimere le stesse, sia in fase di mediazione che in fase giudiziale, con più rapidità.

Di fronte ad una giurisdizione straniera o in sede arbitrale, un contratto internazionale, giuridicamente chiaro e comprensibile, scongiurerà eccezioni e pretese infondate, salvaguardando i diritti dei contraenti.

Chi oggi stipula e negozia in ambito internazionale, non può esimersi dal conoscere le regole fondamentali del Legal English uno strumento essenziale per la tutela e corretta applicazione delle regole del commercio internazionale.

Categoria: Blog, ContrattualisticaTag: contratti, contratti internazionali, Inglese Legale, Legal English

Il Contratto di Agenzia nel Regno Unito

Maggio 13, 2015 //  by alessandro

Il Contratto di Agenzia è lo strumento con cui l’azienda consolida la presenza del suo prodotto sui mercati stranieri. Esso è quindi la forma contrattuale più utilizzata nei processi di internazionalizzazione.

L’impresa preponente affida all’agente, per mezzo di un contratto,  l’incarico di vendere i propri prodotti in una zona determinata riconoscendo a quest’ultimo delle provvigioni sul venduto e talvolta un compenso fisso.

Benché sia opportuno seguire delle regole ben precise nella redazione del contratto, a seconda che si tratti di contratti stipulati nell’Unione Europea o extra U.E., è opportuno conoscere la legislazione del paese dell’agente onde evitare di incorrere in problematiche che potrebbero derivare dall’applicazione, esecuzione ed interpretazione contrattuale.

Il Contratto di Agenzia, stipulato con un agente del Regno Unito, deve rispettare la normativa interna del 1993 (Commercial Agents Regulations) che ha recepito la direttiva 653/86/CE in materia di contratti di agenzia commerciale all’interno dell’Unione.

L’applicazione del CAR britannico ha notevolmente incrementato le tutele a favore dell’agente innovando radicalmente la precedente normativa e riportandosi quasi integralmente al testo della direttiva UE.

A cosa si deve prestare attenzione, quindi, quando si stipula un contratto di agenzia nel Regno Unito:

  1. La legge regolatrice del contratto: La scelta ricade normalmente sulle parti che possono liberamente decidere; in mancanza si applicherà la legge del Paese in cui l’agente ha la sua sede.
  2. Il Foro competente e clausola arbitrale: sarà opportuno verificare attentamente quale giudice tratterà eventuali controversie a seconda che ci si trovi in Inghilterra e Galles, Scozia o Irlanda del Nord, purtuttavia le parti potranno derogare scegliendo la competenza del giudice di un altro Paese. E’ ammesso l’arbitrato convenzionalmente pattuito.
  3. Specificità dell’agente: generalmente non possono essere considerati tali coloro che compiono tale attività in forma secondaria.
  4. Il rapporto d’agenzia è considerato esistente se possiede i seguenti requisiti: a) Il preponente è un produttore, distributore o importatore di merci; b) le merci appartengono alla sfera del preponente; c) l’agente svolge tale attività in via principale; d) le merci sono reperibili esclusivamente tramite l’agente; e) il contratto d’agenzia deve essere espressamente denominato come tale.
  5. L’agente non ha alcun obbligo di iscrizione a registri o albi.
  6. Il contratto deve espressamente prevedere la forma di trasmissione delle comunicazioni tra le parti (prospetti, estratti conto, recesso, ecc.)
  7. L’agente non può avvalersi di sub-agenti se non espressamente previsto.
Diritti e obblighi dell’Agente che è consigliabile prevedere nel contratto di agenzia:
  1. potere di rappresentanza.
  2. obbligo di informativa nei confronti del preponente.
  3. curare gli interessi del preponente.
  4. il patto di non concorrenza deve essere espressamente previsto da contratto.
  5. obbligo di non disclosure.
  6. possibilità dello “star del credere”.
  7. diritto alla remunerazione per tutti gli affari conclusi durante e successivamente alla cessazione dell’incarico e all’indennità di fine rapporto.
Diritti e obblighi del Preponente che è consigliabile prevedere nel contratto di agenzia:
  1. agire in modo leale e secondo correttezza.
  2. divulgare all’agente le informazioni necessarie all’adempimento dell’incarico.
  3. obbligo di comunicazione di estratti conto e informazioni relative all’accettazione o meno di affari.

Il contratto di agenzia può essere sottoscritto a tempo determinato o indeterminato, in entrambi i casi comunque, l’agente avrà diritto ad un preavviso in caso di recesso

Categoria: Blog, ContrattualisticaTag: contratti, contratti internazionali, contratto d'agenzia

Cessione d’azienda e autorizzazioni amministrative

Aprile 11, 2015 //  by alessandro

Cosa succede alle autorizzazioni amministrative in capo ad un’azienda in caso di cessione della stessa?

Può il trasferimento delle autorizzazioni amministrative influire sul contratto di cessione d’azienda subordinando quet’ultimo all’ottenimento delle prime?

La risposta a quest’ultima domanda è evidentemente negativa, in quanto le autorizzazioni amministrative hanno carattere personale e non possono essere oggetto del contratto di cessione d’azienda, pertanto non possono essere oggetto di un trasferimento tra privati. La cessione di autorizzazioni amministrative inserita nel contratto di cessione d’azienda, sarebbe pertanto colpita da nullità per contrarietà a norme imperative ai sensi dell’art. 1418 c.c.

Inoltre vi è da rilevare che la Cassazione con una sentenza del 2013 (n.26499) ha sancito che l’autorizzazione non è un elemento costitutivo dell’azienda, ma piuttosto un requisito necessario al suo esercizio che, pertanto, non può in alcun modo rientrare nell’atto di cessione.

Il Cedente e il cessionario dovranno quindi far attenzione a non inserire nel contratto di cessione d’azienda clausole nulle relative al trasferimento delle autorizzazioni, quanto piuttosto potranno inserire quelle clausole che consentiranno al cessionario di richiedere le nuove autorizzazioni con il benestare del cedente che si adopererà presso i competenti uffici per volture o rilasci ex novo.

Opportuno sarà anche inserire una clausola risolutiva che sottoponga il contratto di cessione d’azienda al rilascio delle autorizzazioni o licenze, al fine di tutelare il cessionario che dovesse trovarsi nell’impossibilità di effettivamente svolgere la propria attività di impresa per il mancato ottenimento delle stesse.

In mancanza di clausole risolutive esplicite, come afferma la stessa Cassazione, non si potrà eccepire l’impossibilità di eseguire il contratto, poiché l’azienda potrà esistere e funzionare ugualmente. Una tutela opportuna in sede contrattuale sarà pertanto indispensabile anche in base alle caratteristiche dell’attività, per evitare che la cessione si riveli inutile e fallimentare con le ovvie conseguenze commerciali e giuridiche.

Categoria: Contrattualistica, Diritto SocietarioTag: Blog, cessione azienda, contratti

Il Contratto di rete, questo sconosciuto!

Gennaio 9, 2015 //  by alessandro

Sei anni sono trascorsi dall’introduzione nell’Ordinamento italiano, con L.33/09, del contratto di rete, strumento utile alle imprese per realizzare progetti di ampio respiro e sfruttare tutte le potenzialità di un’organizzazione sinergica.

Ma cos’è e come si realizza il Contratto di Rete nel dettaglio?

Questo strumento tutto italiano consente a due o più imprese di unirsi in un progetto comune al fine di perseguire determinati risultati in termini di espansione del business, internazionalizzazione, scambio di know-how e compensazione di determinati aspetti carenti nel ciclo aziendale.

La struttura delle reti in Italia – modi di applicazione del Contratto di rete.  

Alle reti costituite con contratto di rete partecipano in prevalenza società di capitali di piccole e medie dimensioni che svolgono prevalente attività di produzione e erogazione di servizi , marginale resta ancora la distribuzione. I principali settori di diffusione delle reti sono l‘automotive, l’edilizia, l’alimentare e il tessile, l’agricoltura, il turismo e i servizi all’impresa.

Le reti operano principalmente su scala regionale benché la loro struttura sia concepita principalmente per operare su scala internazionale e hanno una dimensione variabile generalmente dalle 3 alle 10 aziende.

Il contratto di rete consente una forma ed una gestione pressoché libera e flessibile, generalmente le reti tendono ad avere una forma stabile a tempo indeterminato, ma non si esclude la possibilità di avere forme temporanee. In ogni caso all’interno del contratto di rete può essere stabilito un recesso che, nella maggior parte dei casi viene stabilito quale libero anche se non si ammette la restituzione dei conferimenti.

Perché stipulare un contratto di rete di imprese.

Il principale scopo del contratto di rete di imprese è quello di perseguire un’attività strategica per i partecipanti che, in comune, hanno l’obiettivo di innovare e migliorare la qualità dei loro prodotti o servizi e di rendere più agile la collocazione degli stessi soprattutto sui  mercati esteri. Il contratto in sé può prevedere una serie innumerevole di scambi tra aziende, sia in senso orizzontale (fornitore/fornitore) che in senso verticale (fornitore/distributore). Il primo tipo di rete è quello attualmente più scelto in Italia.

Il contratto di rete è inoltre uno strumento utile per il finanziamento e la realizzazione di determinati progetti, in quanto l’apporto dei contraenti può essere sia di natura economica che di natura materiale, consentendo così utili sinergie e scambi tra chi ha la capacità economica e non ha il know-how e viceversa.

Il contratto di rete è la governance.

Benché si parli giuridicamente di un contratto, la rete è pur sempre un’associazione di soggetti che ha bisogno di una governance e di decisioni prese a maggioranza. Nel contratto quindi, possono essere previste diverse forme organizzative e decisionali, tra le quali:

  1. un organo comune composto da tutti gli aderenti;
  2. un organo onnicomprensivo con soglia, qualora il numero di aderenti sia superiore ad una certa soglia;
  3. un organo pluripersonale dove i membri sono inferiori al numero di imprese aderenti;
  4. un organo monocratico, affidato ad una sola persona.

La scelta del modello organizzativo dipende anche dal tipo di soggetti aderenti e dagli scopi che si vogliono raggiungere.

Quanto alla gestione della rete è evidente che la stessa vada supportata da un professionista (manager di rete) che supporti il buon andamento della stessa, infatti molti fattori, non solo economici e produttivi, possono interferire nella vita “consortile”, uno tra tutti è quello relativo alle relazioni tra i soggetti aderenti.

La migliore rete sarà quella che prevede una diversità e complementarietà delle aziende aderenti.

L’istituzione di un fondo comune (facoltativo, ma utile), sarà poi il passo necessario per l’autogestione della rete, magari con l’inserimento di clausole limitative della responsabilità patrimoniale per le obbligazioni assunte in nome e per conto della “rete” ex art. 2614-2615 c.c.. Nessuna limitazione vi sarà poi alla natura dei conferimenti, dal denaro ai brevetti ecc.

Evidentemente utile, benché la maggior parte dei contratti di rete non lo preveda, è stabilire in che misura i proventi della rete devono essere destinati agli aderenti, se i modo paritario o in base alla partecipazione attiva, ma le opzioni possono essere le più diversificate.

La Global Value Chain nel contratto di rete.

La globalizzazione commerciale mondiale ha imposto al mercato una frammentazione dei suoi processi produttivi consentendo una delocalizzazione, su scala mondiale, degli stessi. Un esempio per tutti è l’outsourcing dei processi di assemblaggio in ambito tessile e meccanico, da qui la catena di valore globale. Tale tipo di modello organizzativo e produttivo, non appartiene esclusivamente al mercato globale, ma è la spina dorsale del contratto di rete.  

La delocalizzazione dei processi produttivi e commerciali può essere attivata anche su scala regionale ed il contratto di rete è uno degli strumenti per far ciò, soprattutto perché, come nel caso italiano, la dimensione dell’impresa è medio – piccola. Tale dimensione, in qualche modo obbliga le imprese ad unirsi per affrontare le sempre più pressanti sfide dei mercati lontani e dell’export che, allo stato attuale, rappresenta il saldo attivo della nostra bilancia commerciale.

I requisiti obbligatori previsti per il contratto di rete dopo la novella n.122/2010.

La disciplina del contratto di rete, benché scarna prevede dei requisiti tassativi da rispettare nella stipulazione dell’accordo:

  1. Le parti (due o più imprenditori);
  2. Lo scopo (accrescere la propria capacità innovativa e competitività);
  3. L’oggetto (la collaborazione);
  4. La forma (Atto pubblico o scrittura privata autenticata);
  5. Il programma.

E’ evidente quindi quanto questo strumento, di pratico utilizzo ed ancora poco sviluppato, sia utile per perseguire obiettivi specifici e strategici per le imprese, evitando forme farraginose di associazionismo d’impresa, sfruttando tutti i vantaggi di un’articolazione flessibile e modulabile sulla necessità di tutti gli aderenti.

Categoria: Blog, ContrattualisticaTag: contratti, contratto di rete

Scioglimento dei contratti nel concordato in bianco

Ottobre 13, 2014 //  by alessandro

Tribunale Rovigo, decreto 18.09.2014 (Giuseppina Mattiello)
Nel decreto 18 settembre 2014, destinato certamente ad aprire un dibattito considerati gli accenti polemici in esso contenuti, il Tribunale di Rovigo, rilevato che la giurisprudenza di merito prevalente ritiene ammissibile la richiesta di scioglimento dai contratti ex art. 169 bis l.f. già nella c.d. domanda di concordato in bianco, si interroga sulla possibile lesione del principio del contraddittorio nel caso di mancata audizione dei contraenti in bonis.

Il Tribunale, in prima battuta, osserva che la mancata audizione dei contraenti in bonis in realtà non recherebbe alcun pregiudizio, né lesione del contraddittorio, atteso che nessuna facoltà sostanziale è attribuita a quest’ultimi. In effetti, gli stessi non potrebbero addurre giustificazioni derivanti dalla lesione della loro posizione giuridica idonee a rifiutare la risoluzione del contratto o la sua sospensione, posto che la valutazione operata in sede giudiziale riguarda la sola ammissibilità della proposta concordataria e non può mai contemperare gli interessi sostanziali delle due parti.

Inoltre, il principio di cui all’art. 111 della Costituzione, osserva il Tribunale, non esiste in sé e per sé, ma esclusivamente quale veicolo imprescindibile per l’esercizio di diritti e facoltà giuridiche attribuite alla parte.

Ed invero, l’audizione del terzo si risolve in una attività istruttoria non necessaria in ogni circostanza, rimessa alla valutazione del Tribunale, il quale mantiene ogni considerazione al riguardo, posto che l’autorizzazione giudiziale allo scioglimento, di fatto, si fonda sulla comparazione tra la proposta concordataria e la funzionalizzazione teleologica dello scioglimento contrattuale con la stessa. In sostanza il Giudice deve valutare se lo scioglimento o la sospensione del contratto sia efficiente e funzionale ai fini della predisposizione e dell’esecuzione del piano concordatario.

Tale impostazione è stata peraltro condivisa da autorevole dottrina, che ha sottolineato come, diversamente opinando, dovrebbero ritenersi litisconsorti necessari anche tutti i creditori concordatari.

In sostanza, prosegue il Tribunale, l’interrogativo da porsi “non è se vi sia un interesse della controparte contrattuale lesa dallo scioglimento e/o sospensione del contratto prevalente rispetto a quello del debitore concordatario, ma soltanto se sussista o meno un effettivo interesse del debitore stesso a sciogliersi dal contratto, come pure se l’istanza formulata in tal senso sia realmente funzionale e servente alla realizzazione del piano concordatario, in termini di riduzione dei costi di gestione dell’attività di impresa, al punto da giustificare il sacrificio del contraente in bonis..In questi termini il provvedimento autorizzativo potrà ben pronunciarsi inaudita altera parte”.

Tuttavia, osserva in conclusione il Tribunale, preso atto che la Corte di Appello di Venezia condivide il prevalente orientamento giurisprudenziale che reputa indispensabile, ai fini della validità giuridica della autorizzazione, la convocazione dell’altro contraente (e ciò anche ai fini della sospensione dei contratti), per evitare eventuali impugnazioni e ritardi nella procedura, non resta che adeguarsi alla predetta impostazione.

(Altalex, 10 ottobre 2014. Nota di Giuseppina Mattiello)

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