Il Direttore dell’Agenzia delle entrate con il provvedimento n. 43999 del 3 marzo 2017, ha specificato i criteri oggettivi di riferimento per la definizione delle c.d. liste selettive strumentali all’individuazione dei falsi residenti all’estero.
L’iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), è una condizione formale imprescindibile per rendere effettivo lo status di non – residente nel territorio dello Stato oltre ad essere sempre più utilizzata dal Fisco italiano quale strumento di monitoraggio di concerto con i Comuni per il controllo dell’effettivo trasferimento all’estero dei cittadini italiani.
L’iscrizione alle liste AIRE deve di norma avvenire qualora il tempo di permanenza all’estero sia superiore ai 12 mesi.
Le liste selettive ed un’ampia riforma delle banche dati interne oltre all’implementazione delle forme automatizzate di scambi di informazioni tra gli Stati forniranno all’Agenzia delle Entrate numerosi elementi utili per indagare sui connazionali espatriati all’estero.
I criteri di residenza secondo la legge italiana.
La residenza fiscale è uno dei principi fondanti dell’intera disciplina tributaria in materia di imposte dirette, infatti un soggetto persona fisica sarà tenuto a versare le imposte in Italia sui redditi ovunque prodotti nel mondo, qualora risulti fiscalmente residente in Italia ai sensi dell’art. 2 del T.U.I.R. ovvero sia iscritto nelle anagrafi della popolazione residente e/o abbia nel territorio dello Stato il domicilio ai sensi dell’art. 43, comma 1, Codice civile e/o abbia nel territorio dello Stato la residenza ai sensi dell’art. 43, comma 2, Codice civile.
Parametri per l’applicazione delle liste selettive AIRE.
L’Amministrazione finanziaria valuterà quindi una serie di parametri utili per l’identificazione dei c.d. residenti fittizi, al fine di identificare le situazioni sospette che possano identificare campanelli d’allarme per il Fisco, vediamo quali:
- residenza dichiarata in uno degli Stati e territori a fiscalità privilegiata, individuati dal Decreto del Ministero delle Finanze 4 maggio 1999; (rilevante ai fini dell’art. 2, comma 2-bis T.U.I.R.)
- movimenti di capitale da e verso l’estero, trasmessi dagli operatori finanziari nell’ambito del monitoraggio
fiscale di cui al D.L. n. 167/1990; - informazioni relative a patrimoni immobiliari e finanziari detenuti all’estero, trasmesse dalle Amministrazioni fiscali estere nell’ambito di Direttive europee e di accordi di scambio automatico di informazioni;
- residenza in Italia del nucleo familiare del contribuente (“centro degli interessi vitali”);
- atti del registro segnaletici dell’effettiva presenza in Italia del contribuente;
- utenze elettriche, idriche, del gas e telefoniche attive;
- disponibilità di autoveicoli, motoveicoli e unità da diporto;
- titolarità di partita IVA attiva;
- rilevanti partecipazioni in società residenti di persone o a ristretta base azionaria;
- titolarità di cariche sociali;
- versamento di contributi per collaboratori domestici;
- informazioni trasmesse dai sostituti d’imposta con la Certificazione unica e con il modello dichiarativo 770;
- informazioni relative a operazioni rilevanti ai fini IVA, comunicate ai sensi dell’art. 21, D.L. n. 78/2010 nonché ai sensi del D.Lgs. n. 127/2015.
E’ evidente che l’utilizzo indiscriminato ed improprio di questi dati da parte dell’Amministrazione finanziaria, in particolar modo la mancanza di una valutazione analitica dei singoli parametri, vedrebbe esposto il contribuente ad un ben gravoso onere di provare il suo status di espatriato, (Es. colui che pur risiedendo all’estero detiene un immobile in Italia per le vacanze con le utenze attive).
Fondato timore quindi, è che un sistema di controllo basato sui criteri suelencati senza appositi indicatori di pericolosità si trasformi in uno strumento inutile e caotico poiché sin da subito coinvolgerebbe gran parte degli espatriati regolarmente registrati ed effettivamente residenti all’estero.