Lo sconvolgente, ma prevedibile risultato sulla “Brexit”, ossia il referendum del 23 giugno scorso per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea ha provocato, prima ancora nel regno di Elisabetta II, forti malumori anche in chi ha votato, magari senza rifletterci troppo, il c.d. “Leave” ossia, ha votato per uscire.
Pare anche che l’appena insediato governo della sig.ra May non voglia fare un passo indietro rispetto alla consultazione popolare, perché di semplice consultazione non vincolante si è trattato.
Ma per gli inglesi la parola è un punto d’onore allora vediamo cosa cambia per chi ha deciso o vorrebbe decidere di investire in Inghilterra nel prossimo futuro.
L’attivazione della procedura ex art. 50 del Trattato dell’Unione Europea.
Sin tanto che il parlamento inglese non voterà l’attivazione della procedura d’uscita e non la notificherà al Consiglio Europeo, nulla cambierà. Dal momento della notifica lo stato uscente potrà negoziare la sua uscita ed in ogni caso qualora non sia accordata prima, decorrerà automaticamente passati due anni dalla notifica.
Al momento il Regno Unito non ha ancora comunicato nulla all’Unione, pertanto tutti i diritti, libera circolazione di persone e merci, diritto di stabilirsi e di circolare liberamente nel paese restano validi. (Fonte Governo Britannico)
Gli accordi da definirsi.
Il gran trambusto causato del referendum e dalla probabile definitiva uscita del paese dell’UE pone un serio problema sui modelli da adottare per continuare a mantenere solide relazioni commerciali con il resto del continente nonché per consentire a chi già lavora da cittadino UE nel Regno Unito di rimanere senza l’obbligo di visti o sponsorships.
Si paventa quindi l’adozione di un modello stile canadese, svizzero o addirittura Norvegese (quest’ultimo molto vicino all’UE), che consenta una certa posizione di privilegio ai cittadini dell’Unione che vogliano lavorare o avviare attività economiche in UK, anche dal punto di vista fiscale evitando così i regimi di doppia imposizione al momento esclusi nei paesi UE.
Si ribadisce, al momento è tutto come prima.
La sterlina in forte calo.
In questa fase di stallo, occorre saper sfruttare il momento di brusco calo della sterlina, momento che non può ovviamente durare a lungo. E’ quindi il momento degli investimenti in attività economiche ed immobiliari nel Regno Unito.
I cambiamenti geo-politici che verranno.
L’effetto del referendum è innegabile, si è rivelato un boomerang per il Regno Unito. Venti di secessione di Scozia e Ulster così come di una città-stato come Londra, non possono che alimentare una situazione di forte incertezza e responsabilità per chi governerà il Regno da qui ai prossimi anni, ma di sicuro la tendenza non è certo quella di allontanare gli investimenti esteri, anzi il contrario.
Il governo promette per i prossimi anni, un abbassamento dell’imposizione fiscale sulle società dal 20% attuale al 17-15%, portando inevitabilmente il Regno Unito tra i paesi con la più bassa imposizione fiscale del continente.
Quindi, sebbene la futura uscita dall’UE possa far paura, Londra, a quanto pare, continuerà sulla strada dell’integrazione socio-economica, confermandosi, al netto di smentite dell’ultimo minuto, l’ombelico economico del mondo.